"Il maschio lo faccio a casa con mia moglie", così ha orgogliosamente tuonato un poliziotto mentre perquisiva la borsa di una compagna alla pretestuosa ricerca di esplosivo e trovandovi, invece, pericolosissimi appunti universitari.
Ma partiamo dall'inizio. Nei giorni scorsi era cominciato lo sciopero della fame nel Cie di Bologna; degli scioperanti ieri 15 sono stati trasferiti nel Cie milanese dove, per l'occasione, è stata "inaugurata" una nuova sezione. Questa mattina un gruppo di compagne/i si è ritrovato in via Barontini a Bologna, dove hanno sede gli uffici dei giudici di pace, per fare un'iniziativa informativa sul ruolo di questi giudici nel dispositivo detenzione-espulsione di donne e uomini migranti ed esprimere la propria solidarietà a chi, rinchiuso nei lager per migranti, sceglie di reagire. Armate/i di volantini, hanno gironzolato per i corridoi dello stabile, volantinando e spiegando alle persone presenti che il giudice di pace non è solo colui cui si ricorre contro le multe ma anche quello che dà le espulsioni, convalida la detenzione nei lager di Stato nel momento in cui vi viene rinchiuso/a chi non ha il permesso di soggiorno e prolunga, poi, fino a 180 giorni quella detenzione in base alle nuove norme del "pacchetto sicurezza".
L'edificio non era particolarmente affollato, per cui ad un certo punto le/i solidali, finito di volantinare, hanno deciso di andarsene, ma non avevano ancora fatto nemmeno 100 metri che, sul marciapiede, la Digos si è parata loro davanti chiedendo i documenti. Da quel momento e per ben quattro ore le/i solidali sono dovute/i rimanere sotto il sole mentre arrivavano macchine della polizia, altri Digos e perfino l'immancabile camionetta addobbata di agenti in tenuta antisommossa. Ad una compagna che stava telefonando è stato intimato di non farlo – per altro con scarsi risultati, dato che nell'arco di 10 minuti sono state fatte diverse dirette con le radio di movimento.
Intanto, non paghi di aver fermato e identificato il pericolosissimo gruppo di ben 15 compagne/i, i tutori dell'ordine hanno deciso di procedere alle perquisizioni di borse, zaini e giubbotti, "Per controllare se non avete esplosivi" (testuali parole!). Indossando degli eleganti guanti da ippica marca Decathlon - come hanno tenuto a specificare - hanno cominciato a frugare tra fazzolettini usati, agende, portafogli, pacchetti di sigarette, assorbenti, buste di tabacco e cianfrusaglie varie. Il bottino è stato magro: han trovato solo un paio di striscioni e un megafono (pure un po' scassato...), prontamente sequestrati! A quel punto era chiaro che quel plico di fogli nella borsa di una delle compagne non poteva che essere una risoluzione strategica per rivendicare chissà quale azione. Erano, invece, appunti universitari e fotocopie di un libro per un esame. Inutile starglielo a spiegare: hanno comunque voluto visionare pagina per pagina quei pericolosissimi appunti. Nel frattempo cominciavano ad arrivare i giornalisti, che venivano a loro volta identificati.
Insomma, facendola breve, il pericolosissimo gruppo è stato trattenuto per quattro ore, dalle 11 alle 15, generando un altrettanto pericoloso bivacco sul marciapiede mentre i tutori dell'ordine compilavano, ad una ad una, le notifiche per manifestazione non autorizzata in presenza dell'avvocato. E così un volantinaggio solidale con i dannati e le dannate della terra si trasforma immediatamente, nella mente dei questurini, in un ottimo pretesto per agire una "maschia" repressione.
La sintesi è presto fatta: per immigrati e immigrate c'è il Cie, per compagne e compagni solidali c'è il Cile...
Ma partiamo dall'inizio. Nei giorni scorsi era cominciato lo sciopero della fame nel Cie di Bologna; degli scioperanti ieri 15 sono stati trasferiti nel Cie milanese dove, per l'occasione, è stata "inaugurata" una nuova sezione. Questa mattina un gruppo di compagne/i si è ritrovato in via Barontini a Bologna, dove hanno sede gli uffici dei giudici di pace, per fare un'iniziativa informativa sul ruolo di questi giudici nel dispositivo detenzione-espulsione di donne e uomini migranti ed esprimere la propria solidarietà a chi, rinchiuso nei lager per migranti, sceglie di reagire. Armate/i di volantini, hanno gironzolato per i corridoi dello stabile, volantinando e spiegando alle persone presenti che il giudice di pace non è solo colui cui si ricorre contro le multe ma anche quello che dà le espulsioni, convalida la detenzione nei lager di Stato nel momento in cui vi viene rinchiuso/a chi non ha il permesso di soggiorno e prolunga, poi, fino a 180 giorni quella detenzione in base alle nuove norme del "pacchetto sicurezza".
L'edificio non era particolarmente affollato, per cui ad un certo punto le/i solidali, finito di volantinare, hanno deciso di andarsene, ma non avevano ancora fatto nemmeno 100 metri che, sul marciapiede, la Digos si è parata loro davanti chiedendo i documenti. Da quel momento e per ben quattro ore le/i solidali sono dovute/i rimanere sotto il sole mentre arrivavano macchine della polizia, altri Digos e perfino l'immancabile camionetta addobbata di agenti in tenuta antisommossa. Ad una compagna che stava telefonando è stato intimato di non farlo – per altro con scarsi risultati, dato che nell'arco di 10 minuti sono state fatte diverse dirette con le radio di movimento.
Intanto, non paghi di aver fermato e identificato il pericolosissimo gruppo di ben 15 compagne/i, i tutori dell'ordine hanno deciso di procedere alle perquisizioni di borse, zaini e giubbotti, "Per controllare se non avete esplosivi" (testuali parole!). Indossando degli eleganti guanti da ippica marca Decathlon - come hanno tenuto a specificare - hanno cominciato a frugare tra fazzolettini usati, agende, portafogli, pacchetti di sigarette, assorbenti, buste di tabacco e cianfrusaglie varie. Il bottino è stato magro: han trovato solo un paio di striscioni e un megafono (pure un po' scassato...), prontamente sequestrati! A quel punto era chiaro che quel plico di fogli nella borsa di una delle compagne non poteva che essere una risoluzione strategica per rivendicare chissà quale azione. Erano, invece, appunti universitari e fotocopie di un libro per un esame. Inutile starglielo a spiegare: hanno comunque voluto visionare pagina per pagina quei pericolosissimi appunti. Nel frattempo cominciavano ad arrivare i giornalisti, che venivano a loro volta identificati.
Insomma, facendola breve, il pericolosissimo gruppo è stato trattenuto per quattro ore, dalle 11 alle 15, generando un altrettanto pericoloso bivacco sul marciapiede mentre i tutori dell'ordine compilavano, ad una ad una, le notifiche per manifestazione non autorizzata in presenza dell'avvocato. E così un volantinaggio solidale con i dannati e le dannate della terra si trasforma immediatamente, nella mente dei questurini, in un ottimo pretesto per agire una "maschia" repressione.
La sintesi è presto fatta: per immigrati e immigrate c'è il Cie, per compagne e compagni solidali c'è il Cile...
Nessun commento:
Posta un commento